Per questo post, rubo il titolo ("Ricordando il presente") a una composizione letteraria di Toni Acquaviva (spiacente, Toni. Non riuscirò mai a chiamarti o scrivere "Tonj"), percussionista della band Agricantus, in compagnia del quale ho speso qualche anno della mia giovinezza.
Nei suoi scritti di diciottenne, Toni era spesso ossessionato dal senso di immobilità sociale del nostro paese. La metafora di "ricordare il presente" sottolineava proprio questo concetto. L'impossibilità di cambiare, di lasciarsi gli errori alle spalle e di progredire. Culturalmente, politicamente. E' possibile che Toni non abbia neppure conservato quegli appunti giovanili, ma la mia natura di mutante-deviante mi costringe a ricordarli e a citarli. Chi mi conosce, sa che la mia memoria è talmente spietata da essere una maledizione. Non posseggo solo i miei ricordi personali, compresi i meno piacevoli, ma detengo anche molti dei ricordi altrui, e con questo non c'è da stupirsi se a volte sembro pazzo. Ma stiamo parlando d'altro.
M'imbatto su Youtube in questo frammento d'epoca. Una storia ormai antica. La censura a Dario Fo per la sua conduzione di "Canzonissima" nel 1962. Il video della sigla iniziale, interpretata dallo stesso Dario in un clip d'epoca particolarmente graffiante, risulta oggi di un'attualità sconvolgente. Il celebre (o famigerato) "Oh popolo musicomane!" che si apriva con un inno a un presunto "miracolo economico" (vi ricorda niente?) non è presente all'inizio di questo video, ma lo si può sentire in quello successivo, nel programma giornalistico in cui viene approfondita la vicenda. I riferimenti ai clandestini, alle morti bianche e all'uso della canzone (all'epoca... ma la televisione si stava già evolvendo) come arma di "distrazione di massa". Ascoltate il testo della sigla di Canzonissima 1962, e riflettete. Riflettete su quell'esplosione nucleare alla fine che sembra voler dire... il nostro destino è... la malora.
Sì, penso che Toni avesse avuto una grande intuizione. Oggi ci scopriamo a ricordare il presente. Ricorsi storici verniciati di nuovo, ma dall'amarissimo sapore di vecchio. Anzi, di marcio.
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