Nella sua carriera di supereroe, John Dusk ne ha viste davvero tante. Troppe. Oggi, mentre ha luogo il processo contro un efferato serial killer che egli stesso ha assicurato alla giustizia, John è tormentato da inquietanti incubi in cui rivive i dettagli più orrendi dei crimini cui ha assistito. Esperienze disturbanti che anche da sveglio lo opprimono con un’ossessiva sensazione di impotenza. Su una metropoli tormentata che sembra partorire un mostro al giorno, veglia una squadra di superuomini governativi, vera forza di polizia con la missione di contrastare i crimini più paradossali. Ma questo potrebbe non bastare. Tanto più che qualcuno ha preso a eliminare i peggiori criminali in modo definitivo, con rapidità e buona pace delle regole.
Un vigilante è entrato in azione in una città presidiata da un corpo di superpoliziotti...
L’etichetta Avatar Press, vetrina di lavori meno omologati firmati da autori del calibro di Warren Ellis, continua a proporre interessanti variazioni sul mito del supereroe, riuscendo in genere a dimostrare uno spirito fresco, capace di non tenere conto dei trend più scontati, ma di basarsi su trame solide e un buon ritmo narrativo.
Christos Gage (Authority: Prime) e Roberto Viacava (Zombie Highway) firmano Absolution, un noir psicologico calato in un contesto supereroistico abbastanza classico, che presenta una metropoli oscura e corrotta dove si muove un corpo di polizia che annovera tra le sue fila agenti potenziati, forniti di superpoteri e identità segrete. Classico è in realtà anche lo spunto centrale della vicenda. La tentazione della giustizia sommaria come soluzione pacificatrice e sfuggente confine tra bene e male.
Il concetto più estremo di vigilante, interpretato ormai fino al logoramento da cinema e fumetti, sembrava non lasciare molto spazio di manovra a ulteriori letture. Il sanguigno Punisher della Marvel ha spopolato per decenni spazzando via una consistente concorrenza di personaggi altrettanto esuberanti. Nexus, in ambito fantascientifico, ha elevato il concetto della sintesi in un solo uomo di giudice, giuria e carnefice a un’eccentrica visione tra il veterotestamentario e il new age. L’ondata di supereroi “moderni” dell’ultimo decennio, per lo più figli di una corrente commerciale oggi in declino, aveva interpolato e riproposto tutte queste componenti pulp fino a sconfinare prima nel grottesco involontario e quindi nella più noiosa omologazione.
Quel che c’è di nuovo in Absolution è il definitivo abbandono del tono spavaldo che fino a poco tempo fa aveva caratterizzato i fumetti destinati ai lettori più maturi. Scompare il cinismo, si ridimensiona il testosterone e la frenesia del sangue lascia posto a un amaro senso di vuoto. La scelta della violenza come estrema ratio è restituita a una dimensione sofferta, dove le uccisioni, per quanto spettacolari, non ricordano più il freddo disimpegno di un videogioco. Ogni morte stringe il cuore del protagonista e di chi legge come un momento fatale che scandisce una trasformazione in atto. Un’inarrestabile mutazione morale che è anche una straziante agonia dell’essere umano sotto la maschera. Si potrebbe dire che Absolution non racconta niente che non abbiamo già ascoltato altrove. Eppure lo fa in modo impeccabile, presentando un crescendo psicologico piuttosto raro in un racconto dove agiscono eroi in costume. I disegni di Roberto Viacava, ancora poco noto in Italia, ma meritevole di attenzione, sono nel medesimo tempo tradizionali e realistici, e si adattano alla perfezione a una trama a orologeria che riesce a sorprendere più di una volta.
Ambiguo come ogni parabola sulla giustizia privata, Absolution rinuncia a sguazzare nell’effetto splatter fine a se stesso per esplorare la lenta transizione di un’anima dalla luce delle norme a una più caotica ragnatela di ombre. L’anima di un supereroe, raramente così umano e fallace. Qui ritratto in una fase di cambiamento che potrebbe essere letta anche come la genesi di un nuovo, affascinante villain, le cui motivazioni sono forgiate dalla frustrazione e dagli orrori del quotidiano più che da pulsioni egoistiche o sete di rivalsa. Un ulteriore passo avanti, se vogliamo, nella maturazione formale degli eroi con superpoteri. Una crescita intesa come linguaggio, che finalmente si lascia alle spalle il generico qualunquismo, fracassone e volgarotto, che per anni ha tenuto banco nel panorama del fumetto anglofono.
Questa recensione è stata pubblicata anche su FantasyMagazine.
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