lunedì, luglio 02, 2012

Elephantmen: Bestia o Uomo?


Un futuro sulfureo, forse ancor più di come c'è stato tante volte descritto. Un domani che sorge sulle macerie di conflitti insensati, non dissimili (si direbbe) da quelli che insanguinano il nostro pianeta nel tempo presente. Un nuovo ordine mondiale, una metropoli fosca, dove immense, ambigue ombre attraversano i vicoli bui, avvolti in ampi impermeabili e fumando spessi sigari. Sono gli Elephantmen, creature nate in laboratorio, nei decenni trascorsi, per volontà della multinazionale chiamata Mappo e del suo folle ideologo: il dottor Kazushi Nikken. Il DNA di alcuni pachidermi (ma anche di certi grandi caimani) è stato mischiato a quello umano con l'intento di produrre un'armata di possenti soldati da impiegare sui fronti di guerra nel continente africano. Dopo l'inferno in terra, tutto questo sembra essere finito. La società Mappo è stata smantellata dalle Nazioni Unite, e i cosiddetti Elephantmen (come sono genericamente chiamati gli ibridi) vivono apparentemente un'esistenza integrata nella società civile, tuttavia minata da aspre limitazioni dei diritti personali, e minacciata in modo costante dal pregiudizio degli umani e da vecchi, misteriosi rancori...


Sono in pochi a ricordarsene, ma non è la prima volta che gli Elephantmen tentano di marciare sul suolo italico. Circa un decennio fa, fu Vittorio Pavesio il temerario editore che propose nel nostro paese, in veste cartonata, l'episodio intitolato Hip Flask: Selezione Innaturale. Le vendite scarse e la pressoché nulla attenzione riservata al volume da parte del pubblico italiano, decretarono la sua scomparsa dalle fumetterie e da ogni progetto editoriale. Almeno fino a oggi, e a questo primo volume della Panini Comics, Elephantmen: Bestie Ferite, dove il gioiello fantascientifico-noir creato da Richard Starkings e disegnato magistralmente da Moritat e José Ladronn torna a barrire con la forza di una grande bestia della giungla che esige la sua giusta vendetta. 
 

Se la potenza dei disegni di Moritat e degli artisti che lo affiancano esplode letteralmente dalla pagina, conquistando gli occhi del lettore occasionale, è la trama e i dialoghi insinuanti che rendono il racconto monumentale come i suoi protagonisti, costruendo capitolo dopo capitolo un complesso mosaico che una volta completato farà luce sullo status quo del mondo di cui si narra, delle creature che lo abitano e dei complotti che le hanno generate. Un peccato che, quasi dieci anni fa, i lettori italiani non si siano accorti di questo piccolo miracolo narrativo, fatto di storie brevi di grandissima densità, capaci di colpire duramente allo stomaco come di intenerire in modo del tutto inaspettato. Una saga che promette ramificazioni sempre più intriganti e caratterizzazioni non scontate. 

 
Se i dichiarati riferimenti a temi come razzismo e pacifismo possono far pensare a fumetti popolari ben più noti e commerciali, Elephantmen sorprende proprio per la sua capacità di essere nello stesso tempo semplice e profondo in modo inquietante. Politico e sentimentale, retto da un lavoro grafico che mozza il fiato mixando humor nero e tragedia epica con la fantascienza hard boiled più caustica. Un mondo dove è possibile incontrare per la strada animali antropomorfi, ultimi testimoni di una follia tutta umana e destinati a una veloce estinzione. Non a caso il titolo scelto per la serie echeggia la vicenda umana dell'Elephant Man storico, Joseph Merrick, resa celebre prima da un dranma teatrale e successivamente dall'indimenticabile film di David Lynch. Tra gli Elephantmen creati dal dottor Nikken e addestrati a uccidere dalla sua spietata organizzazione, si trovano animali di varia foggia, oltre a elefanti incontriamo ippopotami, rinoceronti, coccodrilli. Ma l'icona dell'uomo elefante li riassume tutti, in quanto vittime squarciate di un'umanità ben più mostruosa del frutto dei suoi esperimenti militari.


L'autore inglese Richard Starkings nasce come editor ed è considerato il padre del lettering digitale, nonché innovatore nella cura e nel design delle riviste a fumetti. Lo stesso Hip Flask, ippopotamo detective che adombra un po' il personaggio di Philip Marlowe, è stato creato da Starkings come mascotte per l'etichetta editoriale Comicraft. Dopo l'avventura già citata (Selezione Innaturale), il mondo degli Elephantmen è cresciuto e maturato, diventando la grande, bizzarra e meravigliosa bestia che oggi anche i lettori italiani possono ammirare. Le illustrazioni di Moritat, plastiche e maestose, sono il biglietto da visita ideale per un fumetto magnificamente disegnato e scritto con altrettanta cura, mentre lo stile di Ladronn, in cui sono evidenti le venerande influenze di Jack Kirby, evolve per una strada propria, inaugurando in modo esemplare la galleria di firme illustri che sfileranno nei volumi successivi. 

 

I singoli capitoli, brevi quanto intensi, si incastrano come anelli di una catena che ci trascina lontano, dove non si sa. E questo non è che un altro pregio, giacché Elephantmen è un fumetto dannatamente imprevedibile. Una strana, mostruosa ma affascinante creatura ibrida, dove avventura, fantastico e satira sociale si amalgamano in una pietanza dal gusto agrodolce, che una volta terminata ti fa desiderare di assaporare al più presto un'altra porzione.
Sottovalutato come tutte le opere innovative e di pregio, Elephantmen merita tutta l'attenzione che gli è stata negata alla sua prima sfortunata sortita nel nostro paese, e la possibilità di lasciare un'impronta grande quanto quella di un pachiderma nella nostra memoria e nelle nostre coscienze.


Questa recensione è stata pubblicata anche su Fumettidicarta.


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