
Il primo giudizio sulla serie è abbastanza positivo. Il racconto avvince e riesce a trattenere l’attenzione fino alla conclusione. Esagerata l’etichetta (giunta a noi dall’America) di telefilm “Anti-Lost”. Infatti, al di là degli aspetti fantastici in comune, i due serial hanno poco a che spartire per temi e struttura. A “Heroes” manca la forza destabilizzante di “Lost”, caratteristica che rende quella dei naufraghi una serie più originale di altre. Inoltre, alcune incertezze di sceneggiatura rendono “Heroes” un prodotto più prevedile e standardizzato rispetto alla saga dell’isola misteriosa.
Considerati i limiti di quella che rimane comunque una serie piacevole, “Heroes” s’impone all’attenzione come uno show dalle particolari peculiarità sociologiche. In questi anni stiamo assistendo a un rinnovato interesse per il mondo dei supereroi, complice la veloce evoluzione degli effetti digitali che oggi rendono possibile qualsiasi impresa sul grande schermo. Il cinema, dopo essersi nutrito per un secolo di letteratura, ha scoperto l’universo popolare dei fumetti dando il via a una scorpacciata commerciale senza fine. Neanche a dirlo, gli eroi con poteri regnano su una vasta area di quel territorio e si prestano alle letture più spettacolari. Media come cinema e televisione hanno da sempre goduto di una maggiore trasversalità rispetto a libri e fumetti, quindi è


Oggi i tempi sono cambiati. Complice, sicuramente il cinema, ma anche operazioni editoriali volte a svecchiare il modello originale. In alcuni casi con risultati discutibili, in altri con esiti non malvagi. L’intento comune a molti di questi prodotti di nuova generazione (al di là della pretenziosa lettura “adulta”), è quello di collocare il racconto di superpoteri in una dimensione drammatica e più vicina al quotidiano del lettore. “Heroes” si incanala proprio in questo filone, traghettando il genere dal cinema alla serialità televisiva, forse più congenial


Personalmente, sono sempre stato affascinato dallo “zelig”, cioè il personaggio il cui potere è quello di assorbire e replicare le abilità altrui. Nei fumetti (targati sia Marvel che DC) esempi del genere non mancano. Lo zelig più famoso di tutti è sicuramente Rogue degli X-Men. Ma non bisogna dimenticare il Mimo (sempre nella


In “Heroes” lo zelig è stato promosso al ruolo di predestinato, contrapponendolo al cattivo della situazione. Il serial killer mutante che a sua volta acquista i poteri di altri cibandosi del loro cervello. Soltanto chi mima le capacità altrui può tenere testa a un essere così potente e crudele.

Un intrigante mix di eroi è stato presentato dal personaggio di Nicky Sanders-Jessica, la spogliarellista dalla doppia personalità il cui alter ego malvagio è dotato di una forza sovrumana. Per un Marvel-Fan è palese il riferimento a Typhoid Mary (ricordiamo che la dolce Mary non ha alcun potere, mentre Typhoid, quella cattiva, è una mutante pirocinetica) con una spruzzatina di Hulk (la doppia personalità fortissima e incontrollabile). Al chiaroveggente Isaac Mendez è attribuito il ruolo di Destiny, mutante cieca che “vede” il futuro. E ai profetici quadri del pittore eroinomane della serie TV è affidato un ruolo simile ai diari della veggente visti in “Extreme X-Men”. Interessante l’aver voluto assegnare il potere rigenerante del trucido Wolverine a una creatura dolce e delicata: la cheerleader da salvare, Claire Bennet. Giocando su un contrasto simile, i poteri di Kitty Pride (giovanissimo e leggiadro folletto) sono stati affidati a un fuorilegge dal cuore d’oro, padre responsabile e marito devoto: D.L. Hawkins. Curioso che per caratterizzare uno dei villain della serie, il gangster Lindermann, ideatore del

La spezia in questo gradevole frullato in cui decenni di storia fumettistica vengono somministrati tanto a spettatori ignari e vergini quanto a nerd smaliziati e divertiti dal gioco delle citazioni, è rappresentata dal personaggio del cattivo: Sylar. La scelta di caratterizzare il supercriminale come un serial killer (figura babau di gran moda) si è dimostrata vincente. Nessun piano per conquistare il mondo, nessuna brama di ricchezza senza fine. Ma il mero revanscismo di un medioc

Certo, il grande gioco perde acqua in alcuni punti. Soprattutto nel finale di stagione. Risulta inutile, per esempio, il sacrificio di Nathan. Se Peter aveva già assorbito dal fratello il potere di volare, che bisogno c’era che questi lo portasse con sé nella stratosfera per farlo esplodere senza danni per la cittadinanza? Nel futuro alternativo visto qualche episodio prima, abbiamo appreso che l’esplosione non è stata sufficiente a uccidere Peter, sopravvissuto grazie ai poteri di guarigione assorbiti da Claire. L’uscita di scena di Nathan risulta forzata quanto funzionale al cliffhanger di fine stagione. Possiamo supporre che i due eroi, entrambi volanti, si siano salvati e che li rivedremo tutti e due quanto prima. C’è grande attesa per il nuovo, temibile villain appena nominato da Molly. Una minaccia che, finora soltanto sussurrata, già fa pensare al mitico Re delle Ombre.
“Heroes” con tutti i suoi comprensibili limiti, è riuscito a riassumere una quantità ciclopica di temi e caratteri che hanno deliziato i lettori di fumetti per generazioni. La mia stessa sorella, da sempre refrattaria a supereroi e affini, ne è rimasta conquistata, seguendo le avventure di Peter e compagni fino all’ultimo episodio. Il tentativo già effettuato da “Smallville” (con risultati a dir poco altalenanti) e da “4400” (praticamente una sorta di cugino di “Heroes”, ma senza gli stessi meriti) si può dire riuscito. I supereroi possono vivere al di fuori dei fumetti, senza calzamaglie aderenti e senza traumi che li rendano vigilanti assetati di vendetta. Lo sdoganamento presso il grande pubblico (a dispetto dai fragili e contestabili dati auditel) è ormai storia. I supereroi hanno rialzato la testa, e reclamano il posto che spetta loro nella cultura di massa. Non ci resta che attendere la seconda stagione (o vederla in lingua originale, a seconda degli arbitri delle nostre televisioni commerciali) e osservare quali ulteriori mutamenti, stavolta nel costume, ha in serbo per noi l’immaginario collettivo in perpetua evoluzione.
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