Sicuramente meritevole l’iniziativa delle edizioni LoSupponevo di ristampare cronologicamente “Jonny Logan”, serie a fumetti italiana pubblicata dalla gloriosa Dardo e ormai sepolta da decenni nella memoria e in quegli anni settanta che le diedero i natali. Considerata la pletora di “ritornanti” di carta sempre uguali che affollano le fumetterie, riesumare la creatura di Romano Garofalo e Ghilbert (che - sappiamo oggi - altro non era che Leone Cimpellin, noto per le sue collaborazioni con Max Bunker) è una scelta decisamente controcorrente. Controcorrente come già era controcorrente “Jonny Logan” (scritto Jonny, senza H), che benché sfoggiasse come titolo delle generalità apparentemente anglofone, era un fumetto ambientato in Italia, e che proprio ai vizi e alle virtù del nostro paese attingeva per speziare le sue storie. Jonny Logan era infatti il nome di battaglia (con palese strizzata d’occhio all’esterofilia dilagante su altri fumetti nostrani) di Giovanni Loganetti, bizzarro avventuriero e inventore pasticcione, personaggio emergente in mezzo a una cricca di scalcinati investigatori: i Cacciatori di Taglie, indicati con civetteria come i “C.T.”. L’editoriale di presentazione del numero uno di “Jonny Logan Collection” sottolinea giustamente l’aspetto italianissimo della serie, che sia pure rivolta a un pubblico di lettori adolescenti non risparmiava riferimenti arditi alla cronaca di quegli anni.
Dato dunque a Cesare quel che è di Cesare, e riconosciuto l’interesse di recuperare uno dei fumetti più ignorati negli ultimi decenni, è il momento di trasgredire al “politically correct” e parlare di quello che poche (nessuna?) tra le recensioni ultimamente uscite a proposito del ritorno di “Jonny” si è sognata di ricordare. Forse per una smodata voglia di buonismo o solo per marcare altri aspetti più felici dell’opera in questione. Facciamo il salto nel buio, allora, e diciamolo: Jonny Logan nasceva come clone di un altro, popolarissimo, fumetto italiano dal formato identico: Alan Ford.
In un interessante articolo dedicato a Leone Cimpellin (che disegnava Jonny Logan con lo pseudonimo di Ghilbert) e pubblicato su SuccoAcido, è affermato che “a torto” la serie di Romano Garofalo era considerata una “copia” di Alan Ford, “neanche tutti i supereroi fossero una copia di Superman”. E’ possibile dissentire da quest’ultima osservazione. E parecchio. Sì, indubbiamente Superman è stato il capostipite di un’interminabile progenie. Ma al di là delle tante copie carbone dell’uomo d’acciaio (o dei tanti personaggi speculari tra le scuderie Marvel e DC) quello che resta è l’idea base del giustiziere dalla doppia identità, palinsesto su cui sono state scritte anche pagine decisamente originali. L’Uomo Ragno, per esempio, ha una parentela lontanissima con l’ultimo figlio di Kripton, come a loro volta i mutanti X-Men hanno aperto il mondo dei supereroi a temi sociali che agli inizi erano del tutto assenti nelle avventure di Superman.
Si potrebbe dibattere a lungo, ma torniamo a Jonny Logan. Sin dal primo episodio, il lettore fa la conoscenza di due gemelli combinaguai, Trik e Truk, e del tormentone che li caratterizzerà per tutta la durata della serie. Puntualmente uno dei due chiama il gemello con il proprio nome, dimostrando quanto essi stessi siano confusi sulla propria identità: “Idiota! Trik sei tu! Non io!”. Una gag che era già stata sfruttata nell’episodio di Alan Ford intitolato “Frit Frut”, dove Alan doveva vedersela con due killer (Frit e Frut, per l’appunto) anch’essi gemelli, anch’essi stolidi, anch’essi armati (oltre che di affilatissimi rasoi da barbiere) della stessa identica gag (“Imbecille! Frit, sei tu!” che oltretutto ripetevano fino alla fine dell’avventura). Che Jonny Logan partisse, dunque, sulla falsariga del successo di Alan Ford è evidente, e non c’è niente di male oggi a ricordarlo. Potremmo glissare sul nome di testata (anglofono e musicale in entrambi i casi, nonostante la serie di Garofalo e Ghilbert fosse ambientata in Italia), così come sulla scelta di dare al protagonista il volto di un attore celebre (Peter O’Toole per Alan Ford, l’italianissimo Lando Buzzanca per Jonny Logan), espediente in realtà già sfruttatissimo. Il tasto dolente sta nella caratterizzazione di alcuni personaggi fissi del cast. Il professore ricorda moltissimo un Numero Uno cui non serve la sedia a rotelle. E soprattutto Ben Talpa, tappo occhialuto, è una riconoscibile controfigura di Bob Rock, spalla di sempre di Alan Ford. I C.T. (Cacciatori di taglie) sono una evidente variazione sul tema del gruppo di spie T.N.T. (una sigla assonante per nome e stessa atmosfera di organizzazione scalcinata).
Le somiglianze non finirebbero qui, ma è meglio fermarsi. Sì, perché la somiglianza tra Jonny e Alan non è realmente importante. Non più. Pur partendo sulla scia di un altro prodotto, Jonny Logan riuscì a elaborare un linguaggio proprio, dando voce ad ambienti italiani e alle loro follie. Merito non da poco, soprattutto considerati gli anni in cui fu dato alle stampe.
E’ comunque interessante, in un periodo in cui l’esterofilia sembra aver rialzato la testa, riscoprire un fumetto come Jonny Logan. Un fumetto che ebbe il coraggio di osare il passo sul quale Alan Ford restò sempre troppo timido: essere una dichiarata satira dei nostri tempi, del nostro paese, dei nostri costumi.
Bentornati, quindi, Garofalo e Ghilbert.
1 commento:
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