giovedì, maggio 17, 2007

Civil War: Riflessioni su una "Guerra In... civile"

L’evento Marvel “Civil War”, dopo aver spopolato negli Stati Uniti, sta riscuotendo un discreto successo commerciale anche nel nostro paese. Tre uscite, finora, dei sette capitoli annunciati, sono andate a ruba.
Mentre la DC, forte della spinta del nuovo editore Planeta DeAgostini, contende il mercato alla concorrenza con una sfilza di titoli come non se n’era mai visti, il divo Mark Millar continua a far parlare di sé, e a orchestrare l’ennesimo “grande cambiamento” nell’universo supereroistico della Casa delle Idee. Ma è vera gloria? Non posso fare a meno di chiedermelo. A mio parere “Civil War” è un falso giro di boa. Una saga i cui presupposti sono irrimediabilmente compromessi dalla principale afflizione della Marvel, e cioè una continuity pretenziosa e complessa quanto contraddittoria, i cui nodi, in un racconto come questo, non possono che venire fatalmente al pettine.

La prima domanda che mi sono posto leggendo il capitolo iniziale della saga è stata quella di sempre: Perché nel mondo Marvel esiste questa dicotomia così netta tra mutanti (da sempre oggetto di discriminazione e paura) e supereroi d.o.c.? Ma soprattutto: Come fa la gente comune a distinguere un eroe mascherato non mutante da chi lo è, senza conoscerne origini e identità? E perché dovrebbe fare differenza, se a suscitare timore e diffidenza è il semplice fatto di possedere poteri straordinari?

In realtà, una vera spiegazione non esiste. Se non quella che le vicende di X-Men e compagni seguono binari narrativi caratterizzati in modo differente da quelle, per esempio, dei Fantastici Quattro o dei Vendicatori. Il problema è che secondo le norme di casa Marvel, tutti i personaggi vivono nel medesimo mondo, con tutte le contraddizioni del caso. La scelta è stata quella di far sì che i mutanti si dichiarassero neutrali, confinandoli al margine della trama. Ma l’inconsistenza delle motivazioni addotte (mai come adesso i cittadini dovrebbero volere le loro teste) pretende dal lettore una sospensione dell’incredulità da teatro dei burattini.

L’inizio, proposto come scioccante, di "Civil War" mostra una strage di minori causata dal criminale Nitro, come conseguenza di un’azione sconsiderata dei New Warriors, gruppo di giovani supereroi protagonisti di un reality show. Sorvolando sui parallelismi con il geniale X-Statix di Peter Milligan, dove la coniugazione supereroe-reality è arrivata prima e con risultati satirici più interessanti, consideriamo l’evento cardine che accende la miccia della guerra civile tra i superumani. Da decenni la storia Marvel ha mostrato catastrofi immani causate dai supereroi e dai loro avversari. Basti ricordare le carneficine causate ripetutamente da Magneto. L’affondamento di un sommergibile russo con la conseguente uccisione dell’intero equipaggio, l’onda elettromagnetica che devasta il pianeta in “Attrazioni fatali” mandando in tilt, tra le altre cose, numerosi ospedali, e la strage compiuta dal suo “doppio” nella run finale di Grant Morrison su “New X-Men”. Sono solo alcuni dei cataclismi che l’universo Marvel ha sofferto negli anni. Ci voleva dunque qualcosa di più “forte”, e si è optato per uno sviluppo morboso e accattivante come la classica strage degli innocenti. Evento che affretta la trasformazione in legge dell’ormai famigerato Atto di Registrazione dei Superumani.

Bene. Secondo questa legge, i supereroi sarebbero tenuti a registrarsi, rendere pubbliche le loro identità e diventare agenti governativi gestiti (e stipendiati) dallo Shield. Sarò di coccio (come dicono a Roma), ma la novità dov’è?

Il fatto che per tanto tempo le storie Marvel abbiano ignorato le implicazioni giuridiche degli accadimenti non significa che, a rigor di logica, queste dovessero comunque esistere. E a noi lettori la cosa è stata suggerita tra le righe più di una volta. Nell’universo Marvel è sempre esistita una contrapposizione (morbida, se vogliamo) tra eroi governativi e cani sciolti. I Vendicatori sono l’esempio più lampante di supersquadra ufficiale e per quanto si sia glissato per anni sugli aspetti amministrativi della questione, non si può negare che delle connessioni legali con governo e servizi segreti dovessero per forza esserci. In una vecchia storia vediamo addirittura il governo americano ordinare lo scioglimenti del gruppo. Come avrebbe potuto se questo non fosse stato più o meno direttamente alle sue dipendenze? Altro esempio è la squadra Alpha Flight, in Canada. Ma anche la seconda versione di X-Factor e l’ambigua Freedom Force erano gruppi di superesseri con il crisma della legalità. A questi si contrapponevano personaggi come l’Uomo Ragno o Devil, indipendenti e (come nel caso di Spidey) a volte non acclamati. Eppure, l’Atto di Registrazione ci viene presentato come un’assoluta novità. Quando l’unico elemento introdotto sarebbe, al limite, il giro di vite nei confronti dei vigilanti.
Un altro punto nevralgico. Perché imporre ai supereroi di rendere pubbliche le loro identità? Sarebbe come se i servizi segreti, nel reclutare nuovi agenti, pretendessero che questi prima mostrassero le loro facce in televisione. Non sarebbe pratico sotto nessun punto di vista. Pertanto, questo sviluppo sembra servire solo a introdurre uno degli scoop della saga: lo smascheramento pubblico di Peter Parker.

Altro aspetto fastidioso di "Civil War" è la presentazione delle unità repressive dello Shield. I superumani renitenti alla registrazione sono cacciati e catturati da squadre di agenti altamente specializzati e forniti di una tecnologia in grado di rendere inermi individui dotati di superpoteri.
Scusate l’ingenuità. Ma da quanto tempo esistevano queste brigate? E soprattutto, se sono tanto efficienti, che bisogno avevamo dei supereroi? Perché, in tanti anni di storia Marvel, non abbiamo mai viste questa superpolizia in azione contro i supercriminali? Non laddove il titolare della testata era qualcun altro, almeno (alla continuity si ricorre solo quando la si ritiene, a torto o a ragione, conveniente).

Per concludere, la frase simbolo della saga “Tu da che parte stai?”, suona particolarmente irritante. Per il semplice fatto che le caratterizzazioni di Millar non dividono i personaggi in due fazioni dalla medesima caratura morale. Il problema cruciale dell’ingrombrante continuity Marvel si fa tanto più pesante quando personaggi altrove eroici e simpatici, come Reed Richards o lo stesso Tony Stark, vengono descritti in "Civil War" come acritici collaboratori di un potere repressivo. Le loro scelte passate (e se ne sono accorti anche gli editor italiani) contraddice nettamente le loro posizioni all’interno di "Civil War". Ma c’è poco da fare, è il fardello della sacra continuity, nemica di logica e qualità. Così il racconto (e il lettore con esso) prende spontaneamente le parti di Capitan America e dei supereroi “ribelli”, tanto risultano odiose e conformiste le loro controparti.

Dopo un inizio appena interessante, gli attuali capitoli di "Civil War" stanno presentando l’ennesima scazzottata tra “buoni” a causa di forza maggiore. Il fatto più buffo è che la saga pretende di essere un evento che influenzerà il futuro di tutte le serie rinnovandole. E’ infatti annunciato che i Vendicatori (quelli governativi) continueranno a darsele di santa ragione con i Vendicatori Segreti (quelli ribelli) sulle rispettive serie al termine della saga madre. Un tripudio di novità, in cui i toni “maturi” che si vorrebbero infondere a questi fumetti consistono in poco più di un linguaggio crudo, in una maggiore violenza e in un atteggiamento “cool” dei suoi protagonisti.

Non c’è che dire, una vera rivoluzione. Altro che guerra civile.

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