
Lo spunto non sarebbe esattamente nuovo. Per citare un precedente, “La macchina ammazzacattivi”, film del 1952 che Roberto Rossellini trasse da un racconto di Eduardo De Filippo, ha in comune con questo manga i binari di partenza su cui la vicenda si svilupperà. In quel caso abbiamo una vecchia macchina fotografica che effettuando un secondo scatto a vecchie foto uccide all’istante l’individuo che vi è ritratto, inducendolo ad assumere, nella morte, la posizione della foto originale. L’idea di un potere di vita e di morte, che trasforma inevitabilmente chi lo possiede in un giustiziere o in un mostro pluriomicida, è un archetipo abbastanza antico.

Questo è il grande mistero del successo di “DEATH NOTE”. Un manga che sembra piacere a un pubblico eterogeneo e di età differenti, ma che presenta caratteristiche che normalmente lo avrebbero fatto classificare come un prodotto di nicchia. La qualità del racconto è innegabile, così come i disegni. La stranezza (dal punto di vista sociologico) consiste proprio nella progressione della trama, che potrebbe sembrare indigesta per il vasto pubblico dei lettori di fumetti. L’intera saga, infatti, è la cronaca dettagliata di una partita a scacchi tra due menti diaboliche. Ogni angolatura è osservata dal punto di vista dei due contendenti, ogni mossa studiata, la reazione e l’eventuale intuizione del nemico ponderata. L’avventura di “DEATH NOTE” si svolge, insomma, nelle menti dei due protagonisti, e seguire ogni loro ragionamento richiede una discreta dose di attenzione. Evidentemente, il racconto fantastico-investigativo riesce a comunicare emozioni a più livelli, affascinando sensibilità diverse.
Non a caso, l’anime tratto dalla serie a fumetti ha ispirato questo beffardo scherzo politico presente su Youtube già da qualche settimana. Altro che V-Day. Altro che insulti. Se davvero esistesse un quaderno della morte, i recenti sberleffi di piazza Navona suonerebbero come una canzone dello Zecchino d’Oro.
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