Umorismo per immagini, dunque, più che per contenuti. Il surreale (spesso demenziale) è quello che conosciamo. E bisogna dire che gli illustratori scelti per questo albo lo cavalcano alla grande. La copertina di Silver (Guido Silvestri) è a suo modo un piccolo capolavoro che rilegge la cover dello storico numero uno, L’alba dei morti viventi. Silver colloca un trasfigurato Indagatore dell’Incubo tra talpe, cani e galline in versione zombi. Un biglietto da visita riuscito, come dire che il cast di Lupo Alberto ha scavalcato il recinto della sua fattoria e ha occupato lo studio in Craven Road.
L’episodio Manichini, scritto da Tito Faraci e disegnato dal sempre bravissimo Giorgio Cavazzano, è un piccolo classico della demential comedy dylaniata. Ormai è chiaro che Cavazzano potrebbe far suo qualunque personaggio, anche quello nato con gli intenti più cupi. Con Dylan si trova perfettamente a suo agio nel ritrarre belle pupe, marinai fortemente caratterizzati e mocciosi irritanti. Un incubo frenetico e coloratissimo scandito da un dialogo essenziale e ritmato.
In Una situazione pesante, Lorenzo Bartoli e Massimo Carnevale ribaltano lo spunto de L’occhio del male di Stephen King con esiti non meno grotteschi. Anche qui abbiamo l’ennesima, piacevole declinazione di un concept classico, dove Dylan attraversa un inferno personale in una vicenda fatta di magia, amore e percezione distorta del sé. Massimo Carnevale illustra Bartoli (qui alla sua prima, felice esperienza su Dylan Dog) con una forza pittorica insolita e molto interessante per un Bonelli. Deliziosamente in bilico tra scherzo e incubo, con un gusto agrodolce che non dispiace.
Morire dal ridere potrebbe essere l’episodio più debole di questa quadrilogia. Lo è sin dall’intenzione iniziale, cioè quella di creare una sottile storia portando in scena battute e barzellette, per lo più ripescate dal repertorio normalmente affidato al personaggio di Groucho. Il disneyano Bruno Enna fa comunque un lavoro diligente, riuscendo nel compito non facile di conservare l’attenzione del lettore fino alla fine dell’episodio. E’ ad ogni modo aiutato moltissimo da uno scatenato Fabio Celoni, che conferisce a ogni comparsa una caratterizzazione grafica vicina alla perfezione.
L’albo si chiude con La lettera bianca, l’episodio forse più fuori tema nella cornice umoristica con cui il volumetto si propone. Un racconto che parla di consapevolezza e di rassegnazione, ma anche di amicizia, del valore delle parole e di quel che lasciano anche quando non possono più essere pronunciate. Un concept che ammicca ancora una volta vagamente a Stephen King e al suo I Langolieri. Una parabola sul tema della memoria con al timone un misurato Giovanni Gualdoni (sarebbe stato facile cadere nel patetismo più scontato, ma il compito è svolto con grande pulizia) e un grandissimo Corrado Mastantuono (qui coadiuvato da Stefano Intini), che chiudono l’albo dedicato all’umorismo con un piccolo sussulto di commozione.
Dylan Dog, serie in edicola ormai da oltre vent’anni, avrebbe potuto implodere già da tempo. Questo numero del Color Fest dimostra che forse ha solo bisogno di nuova linfa e di reinventarsi, aprendosi a stili sempre differenti. Del resto, il mondo del fumetto è vasto e vario. E conservare un amico come l’Indagatore dell’Incubo, con i suoi tic e le sue avventure surreali, può dimostrarsi sempre una piccola, comoda consolazione.
Questa recensione è stata pubblicata anche su FantasyMagazine.
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