domenica, maggio 16, 2010

MetaDocs, Chiron, Samaritan X: archetipi con cui fare i conti

Mentre continua l'esperimento del sottoscritto, cioè il reboot del fumetto autoprodotto Chiron, l'abbattimento delle frontiere operato dalla rete ci mette ancora una volta davanti a una verità straniante. Sotto il sole non c'è nulla di nuovo. Le idee sorgono tra gli individui in luoghi geograficamente distanti, e il loro sviluppo tende solitamente a convergere generando sorprendenti collisioni. L'annuncio della serie scritta da J.M. Straczynski e intitolata Samaritan X per la DC Comics, era stata una doccia fredda. Il concetto di una struttura medica specializzata nel curare supereroi, da me concepito e messo su carta nel 2007, diventerà presto il tema centrale di una serie mainstream statunitense, firmata peraltro da un autore blasonato. Scoprire che lo spunto che tanto mi aveva entusiasmato sarebbe stato sdoganato presso il pubblico internazionale da un potentissimo colosso dell'industria fumettistica non mi aveva certo reso allegro. Ma è un normale evento ascrivibile alle dinamiche intellettuali e alla catena alimentare (sia pure in senso metaforico), e come tale va metabolizzato. Tuttavia la sorpresa continua, e la rivelazione (in realtà ovvia, come tutte le verità che fanno parte del quotidiano, e per questo sono spesso ignorate) conferma che a questo mondo niente si crea dal nulla. Soprattutto nell'ambito della fantasia, della fiction e del fumetto. Gli spunti narrativi crescono nell'immaginario dei popoli, mutano e migrano, spesso ibridandosi con altre idee. Per questo, oggi, mi trovo ad ammettere la mia ingenuità. E mi viene anche un po' da ridere pensando che Samaritan X, la serie di Straczynski, non giungerà seconda nella corsa per aggiudicarsi il trofeo di superhero medical drama, ma almeno terza. Per ora.

MetaDocs (inedito in Italia) è una serie pubblicata in America dall'etichetta indipendente Antarctic Press, che presenta - in tutti i presupposti di base - il medesimo concept che propongono sia Chiron che Samaritan X.  Miscelare, cioè, il genere supereroistico con le dinamiche dell'avventura medica in stile ER. MetaDocs, scritto da Joeming Dunn e disegnato da Rod Espinosa, è stato pubblicato nel 2006, e porta in scena (per primo?) una squadra di medici addestrati a prendersi cura di esseri con superpoteri. E' ormai chiaro che l'archetipo medico-eroe da contrapporre all'eroe-vigilante esiste già da un po' nell'immaginario di quanti leggono e fanno fumetti. Poco importa che la nascita sotto un'etichetta minore gli abbia dato poca visibilità internazionale (ma pare stia venendo presa in considerazione una versione televisiva). MetaDocs taglia, dunque, il nastro del traguardo ben prima di Chiron (anche se di poco) e di Samaritan X.  Inoltre, essendo prodotto da una casa editrice indipendente, MetaDocs presenta un universo supereroistico alternativo (esattamente come Chiron), mentre Samaritan X sarà ambientato nella stessa continuità narrativa del cosmo DC ufficiale. Un fenomeno che ci lascia interdetti, ma che riflettendo bene non dovrebbe in realtà farci stupire più di tanto. E tanto meno amareggiarci se, nel nostro paese, siamo stati tra i primi a realizzare un prodotto che si incastra in quello che è ormai palesemente un archetipo moderno.

Dopotutto, l'idea portante, con il suo connubio di generi, era commerciale e spendibile, ed era ingenuo (oltre che inutile) pontificare su cosa fosse venuto prima. Un po' come il famoso caso di Man-Thing della Marvel, nato contemporaneamente a Swamp Thing della DC. Due personaggi pressocché identici, ma dalle successive vicende editoriali molto diverse, soprattutto grazie all'intervento di Alan Moore sul secondo.
Facciamo un bel respiro. Scordiamoci assurde pretese di originalità. E vediamo di concentrarci su un altro aspetto potenziale del racconto. La sua qualità.
Un aneddoto famoso narra che la giallista Agatha Christie fu contestata pubblicamente da un lettore, il quale affermava che la trama di Dieci piccoli indiani, il suo libro più noto, fosse troppo simile a un oscuro romanzo del mistero risalente a molti anni addietro. Agatha si limitò a rispondere che un romanzo trova la sua identità soprattutto nella forma. Non tanto nella semplice fabula, ma nel modo in cui questa viene esposta, secondo la sensibilità e il talento del singolo narratore. Per questo, lo scheletro di un racconto, rinarrato all'infinito da molte voci dal timbro diverso, può sbocciare e godere di una vita florida o lasciare intravedere le ossa sotto una pelle inconsistente.
Se i sogni son desideri, dunque... ognuno li saluti con il proprio cappello. La propria classe. La propria identità. E ai lettori l'ardua sentenza.

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