lunedì, dicembre 13, 2010

Lucky Luke di Daniel Pennac


Lucky Luke è tornato. Il cow boy più veloce della propria ombra, l’eroe del west che tutti i bambini hanno conosciuto e amato. Nemico giurato dei fuorilegge e amico dei deboli, il leggendario pistolero è di nuovo in città. Ritornato dopo un lungo viaggio, Lucky scopre però che qualcosa è cambiato. Un nuovo eroe ha preso il suo posto nel cuore degli abitanti della contea. L’implacabile e ambiguo uomo di legge noto come Pinkerton. Risoluto ed esperto nelle più moderne tecniche di lotta alla criminalità, Pinkerton si dimostrerà un osso molto duro per il pistolero più veloce del west. Anche perché potrebbe non essere esattamente quel che sembra...

Lucky Luke contro Pinkerton inaugura un nuovo ciclo delle avventure del personaggio creato da Morris nel 1946 e traghettato nel mito da René Goscinny, padre di Asterix. A presentarlo nel nostro paese è adesso Nona Arte, una giovane casa editrice che sembra voler puntare molto sulla riscoperta di personaggi classici del fumetto europeo. Il nuovo Lucky Luke, che esce in contemporanea in tutta Europa, apparendo da noi in anteprima sulle pagine della rivista Il Giornalino, si segnala anche per la presenza di nomi illustri tra gli autori di questo primo volume. Lo scrittore francese Daniel Pennac, coadiuvato dallo sceneggiatore Tonino Benacquista, suo conterraneo, e il disegnatore Achdé. Daniel Pennac aveva già dato un’ottima prova di sceneggiatura a fumetti nel 2000 con Gli Esuberati (La Débauche) per le matite di Jaques Tardi. La sua popolarità di autore acuto e beffardo non può che rendere più goloso il ritorno dello scanzonato personaggio western creato da Morris tanti anni fa. E in effetti, Lucky Luke contro Pinkerton non delude. Pennac riesce nel compito non facile di imprimere al racconto un’impronta personale senza però tradirne gli aspetti più formali. Da questo punto di vista, pertanto, il suo Lucky Luke è un fumetto leggero che scorre come la più classica delle avventure. Ma nelle sue caratterizzazioni e snodi narrativi, inscena spunti satirici non da poco e pone inquietanti dilemmi.

Allan Pinkerton, quello storico (1819-1884), fu un poliziotto statunitense ricordato soprattutto per avere fondato la prima agenzia investigativa privata del mondo. La Pinkerton Agency si sviluppò da Chicago in tutti gli Stati Uniti, ed era consuetudine che i presidenti in carica ricorressero come guardie del corpo proprio agli uomini di Pinkerton. Fu Allan Pinkerton a salvare Abramo Lincoln da un attentato a Baltimora (prima di quello definitivo di Washington). Episodio ampiamente citato nell’avventura di Lucky Luke, sia pure trasfigurato in modo comicamente mostruoso. Quel che c’è di interessante nella storia raccontata da Pennac è la scelta della figura di Pinkerton come icona di una legge viscerale ed evoluta, ma inevitabilmente autoritaria e per questo destinata a sconfinare nell’infamia. Idea della giustizia totalmente avversa all’eroe senza macchia che agisce per puro idealismo. Pinkerton è presentato come l’uomo del domani, abile nell’uso delle più moderne tecnologie ed esperto nella pratica dello spionaggio. Ed è questo il secondo elemento che rende interessante per noi il Lucky Luke di Daniel Pennac. Per i francesi, il personaggio di Pinkerton è una lettura satirica della politica di Nicolas Sarkozy nei confronti dei Rom, ma per uno strano paradosso, acquista un forte impatto anche per noi lettori italiani, in un periodo in cui siamo abituati a sentire parlare spesso di dossieraggio e macchina del fango. Il Lucky Luke di Daniel Pennac è politico, e nello stesso tempo leggero come una piuma. Un virtuosismo di ironia confidenziale, tagliente quanto lieve.

Il mondo di Lucky Luke è fondamentalmente ottimista, ed è chiaro sin dall’inizio che non potrà esserci a lungo posto per uno stato di polizia. Le cose sono diverse nel nostro mondo, dove se esistesse un pistolero che spara prima della sua ombra, probabilmente non servirebbe la giustizia, ma sarebbe al soldo del migliore offerente. Questo, Daniel Pennac lo sa bene. E lo dimostra mettendo a confronto il crudo e pragmatico Pinkerton con l’icona di un eroismo candido: Lucky. Ma Lucky Luke – sembra dire Pennac – è pur sempre un fumetto pensato per i più giovani. Così non perde occasione per rammentarcelo, con le sue gag semplici, le macchiette classiche, l’umorismo spontaneo. Del dramma della libertà violata, dei nomi trascinati nel fango, della profanazione del privato, una volta chiuso il volume a fumetti, resterà forse solo un vago ricordo. Simile al retrogusto amaro di una bevanda gradevole... che mentre eravamo distratti, ci ha colpiti dove fa più male... più veloce della nostra ombra.


Questa recensione è stata pubblicata anche su Fumettidicarta.

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