Fantomas, il re del terrore, inafferrabile criminale protagonista di tanti romanzi popolari, esiste davvero. Solo che non si tratta di un singolo individuo, per quanto geniale, bensì di una potente organizzazione che manipola la storia dell’umanità sin dai primi anni del novecento, e aspira al controllo del mondo seguendo una mistica ispirata al puro male. Un nuovo leader è eletto ciclicamente dopo una rigidissima selezione e il secolare piano di dominio planetario portato avanti con spietata pertinacia. Oggi Fantomax è Sonette Bosman, una giovane donna sudafricana dal passato impronunciabile. Un’incarnazione femminile del re del terrore che mai come ora era giunta a ridisegnare il volto del pianeta...
Lo sceneggiatore Luigi Bernardi e il disegnatore Onofrio Catacchio avevano già danzato con il mito di Fantomas qualche anno fa, pubblicando per le edizioni BD l’episodio Habemus Fantomax, che per la prima volta mostrava il personaggio di Sonette assumere il comando e definiva la struttura dell’organizzazione criminale. Il primo capitolo torna oggi nel volume Fantomax – Non temerai altro male, della Coconino/Fandango, seguito da due segmenti narrativi che ne completano la trilogia (Delenda Fantomax e In Excelsis Fantomax) e da un archivio di schede che illustrano nei dettagli i retroscena storici della vicenda.
Fantomax (con la X al posto della S per banali motivi di diritti ancora vigenti sul franchise originale) è un’opera intrigante sebbene sotto molti aspetti incompiuta. Affascinante come una sinfonia egregiamente eseguita, ma priva di quel tocco ispirato che renderebbe l’esperienza memorabile. L’idea di partenza era gravida di promesse e sfide entusiasmanti. Riscrivere la figura archetipica del primo eroe nero della cultura popolare e sdoganarlo nell’età contemporanea, ridefinendone metodi e motivazioni. Una sfida oggettivamente ardua, considerando anche che il trend “perfido è bello” è ormai abusatissimo e inizia a perdere per strada gran parte della sua carica trasgressiva. La prova di Bernardi e Catacchio è infatti superata solo in parte, e offre al lettore un fumetto sì raffinatissimo, ma pervaso da una freddezza di fondo che neutralizza quelli che potevano essere i suoi principali punti di forza.
L’idea di trasfigurare il Fantomas creato da Marcel Allain e Pierre Souvestre in un’organizzazione secolare è potente. Lo spunto rimane però autoreferenziale, e il ritmo si inceppa in un gioco che svela troppo presto le sue carte. La trasformazione da singolo genio criminale, scheggia impazzita, anarchica portatrice di caos, a disciplinata organizzazione internazionale, cambia l’intero assetto narrativo e traghetta il lettore in una saga antiutopistica che si sarebbe prestata a molte inquietanti considerazioni sociologiche. Invece, uno dei punti più deboli della saga consiste proprio nelle motivazioni, troppo vaghe, della setta Fantomax. Il culto del Male assoluto come valore astratto è urlato durante tutto il racconto, ma non viene mai veramente dimostrato. Un’organizzazione secolare così potente, dove ogni singolo membro è pronto al sacrificio, dovrebbe basarsi su una filosofia ben definita per poter veramente prosperare. Questo elemento rimane però solo un dogma ossessivamente declamato, e Fantomax – Non temerai altro male finisce con l’assomigliare di più alla parabola di un’umanità avida che inseguendo vuote brame di potere distrugge progressivamente il mondo in cui essa stessa vive. Inoltre, i presupposti di un Fantomax corporativo si perdono in fretta per strada, descrivendo piuttosto una monarchia occulta, fondata su un particolare sistema di successione, fornita di una corte devota pronta a morire per il suo pontefice criminale.
L’attesa epopea corale, dunque, non si realizza, limitandosi a narrare per lo più le gesta del Fantomax in carica. Sonette, un Keyser Söze al femminile che non manca di ammiccare anche alle tante bad girls sexy e letali del fumetto statunitense. Colpisce l’idea di citare graficamente alcuni degli antieroi più celebri del fumetto (non solo) italiano, con due divertenti camei dello Zanardi di Andrea Pazienza e de Lo Sconosciuto di Magnus. Alla fine della fiera, però, i personaggi risultano troppo stereotipati per suscitare vera empatia nel lettore, e il racconto sembra procedere più per accumulo che per sviluppo. L’apparato di schede che illustrano le manipolazioni di Fantomax lungo tutto il novecento, per quanto ben confezionato risulta superfluo come lo zucchero sul miele. Il resoconto di come Fantomax abbia, tra le altre cose, pianificato il naufragio del Titanic, causato il crollo di Wall Street, e ordito i segreti di Fatima per pura burla alla religione cattolica, dovrebbe aggiungere spessore alle imprese attuali di Sonette. L’ambizioso meccanismo, purtroppo, non funziona, impantanandosi in una verbosità accessoria, e dà l’idea di un dettagliato curriculum che si accompagna all’esibizione dal vivo dell’artista. Performance eccellente e di grande professionalità, ma che viene disinnescata proprio dal suo elemento principale. La crudeltà reiterata che finisce letteralmente col mangiarsi ogni spunto interessante della trama. Per alcuni versi, Fantomax – Non temerai altro male ci fa pensare a una versione più elegante e colta di Wanted, celebre miniserie di Mark Millar. Il ritratto di un mondo irredimibile, preda inconsapevole di un’occulta tirannia. Realtà in cui il Male, senza nessun vero oppositore, esprime un incubo senza fine, dove il confronto ideologico scompare lasciando posto solo all’orrore e a una monotona contemplazione della malvagità.
Il lavoro di Luigi Bernardi, ottimamente interpretato dalle tavole eleganti e ipnotiche di Onofrio Catacchio, realizzate in una suggestiva bicromia, è impeccabile sul piano formale e rende bene l’idea di un’opera che è stata minuziosamente scolpita. Sul piano emotivo, però, Fantomax – Non temerai altro male ci appare come un fumetto scritto e disegnato con il bisturi. Una lama affilata che dove sfiora taglia, ma senza mai riuscire a far veramente brillare una perla di sangue vivo.
Questa recensione è stata pubblicata anche su Fumettidicarta.
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