lunedì, febbraio 15, 2010

Makkox: Le [di]visioni imperfette


Vogliamo provare a farci del male?
Ma sì, dai! Rimbocchiamoci le maniche, intingiamo il pennino e... parliamo di Makkox.
Magari dopo l'ultima proverbiale sigaretta, schermandoci gli occhi. Sì, perché scrivere di Makkox e delle sue [di]visioni imperfette è un'impresa impervia. Lo è sempre stata, perché il lavoro di Makkox [Marco Dambrosio all'anagrafe, Canemucca sul web] è innovativo e fottutamente strano. Lo è più che mai oggi, che il suo libro (il primo ad approdare su carta) è andato a ruba nelle fumetterie italiane. Adesso che la sua popolarità è in crescita e che varie recensioni, anche con firme illustri, sono andate apparendo qua e là, su blog e riviste. Che aggiungere, allora, al consueto blablabla? Oltre a riferire l'indispensabile cronistoria, quella che parla di un giovane artista di talento che ha sperimentato un pratico sistema di editing per pubblicare fumetti in rete? La tecnica adottata da Makkox per impaginare le sue storie, una sequenza verticale agevole da leggere con la funzione di scrolling del mouse, ha già fatto furore, aprendo probabilmente nuovi orizzonti al fenomeno dell'editoria elettronica. Il classico uovo di Colombo, e un biglietto da visita di tutto rispetto, che ci suggerisce sin dal principio di trovarci davanti a una mente pragmatica oltre che a un autore dalle potenzialità notevoli.
Tutto già detto, tutto già scritto. Le regole d'oro dell'informazione ci obbligano a non disattendere le premesse di servizio, e a esordire parlando del Chi, del Cosa, del Quando e del Come. Ma esaurite quelle, il rischio di confluire nel generale coro di consensi diventando stucchevoli, si alza vertiginosamente.
A proposito: dovrebbe esserci anche un Perché. Ma questa domanda andrebbe posta allo stesso Makkox, ammesso che abbia voglia di rispondere. Perché? Forse, semplicemente perché qualcosa gli urgeva dentro. Un'idea che bolliva e guizzava nel suo stomaco di artista come uno schizzo di irrefrenabile vomito narrativo. Cocktail di letture e suggestioni differenti, intrecciate tra loro e mutate nel tempo come una specie di virus linguistico. Tutto fino alla mutazione finale (almeno per adesso). Dambrosio [Canemucca] Makkox, bizzarra chimera creativa, e una serie di quadri [vogliamo chiamarle vignette o strisce?] che hanno macchiato prima il web con segni graffianti e colori acidi, poi il volume cartaceo Le [di]visioni imperfette edito da Coniglio. Un lavoro che raccoglie pagina dopo pagina le emozioni già scorse [scrollate] sul monitor dei computer di tutta Italia, e che presenta il possibile epilogo alle vicende di Sveva e compagni.

La situazione di partenza è tra le più classiche. Un triangolo amoroso che presto s’incasina ulteriormente, mutando forma geometrica e rapporti matematici. Una vicenda raccontata mille volte, fusa in un blocco socioculturale qui affettato dal bisturi di un’ironia beffarda, e restituito alla vitalità del caos. Quasi una via di fuga dal senso di cortocircuito esistenziale che i personaggi delle [di]visioni imperfette sembrano lanciarci addosso a ogni pagina [scroll...]. Il lampo di genio più o meno progettato a tavolino sta proprio nella frammentazione narrativa. Filosofico rasoio di Occam che sfronda le relazioni personali da inutili fronzoli e riassume una storia di relazioni complesse, adulterio e fallimento in una serie di affascinanti cicatrici grafiche. C’è qualcosa di curiosamente contraddittorio nelle [di]visioni di Makkox. Di piacevolmente acerbo e incerto, come una stridente commistione tra didascalismo e il più arrabbiato teatro dell’assurdo.
Il drammaturgo britannico Harold Pinter, nella sua pièce Tradimenti (1978), portò in scena le tappe fondamentali di una relazione extraconiugale e dei suoi sviluppi attraverso la rottura temporale del racconto. Con Tradimenti, Pinter introdusse il meccanismo [spiazzante per le platee degli anni settanta] oggi noto come flashforward, mostrando cioè da subito dove i rapporti tra i personaggi si sarebbero spinti. E subito confondeva ulteriormente le carte, procedendo con una narrazione a ritroso e salti temporali che conferivano ai protagonisti caratterizzazioni imprevedibili. I tradimenti di Makkox e dei suoi antieroi, Sveva, Piero, Roberto e Mirella, hanno oggi un sapore sfrontato e provocatorio che rammenta l’odore da palcoscenico di quel buon vecchio teatro dell’assurdo. Sardonico, divertente, cattivo e nello stesso tempo poetico, ne echeggia persino alcune scelte formali. L’estrapolazione dal contesto quotidiano delle singole scene e la voluta assenza di una vera continuità, congelano i dialoghi in una dimensione paradigmatica che le lascia libere di correre sulle proprie gambe. Che genere di strana bestia è dunque Le [di]visioni imperfette? Un transfumetto, forse, o un mutante grafico [narrativo] ancora in fase di sviluppo. Presentato come un ciclo di vignette indipendenti, veicolo di acida comicità sui rapporti umani, e in seguito reinventato [o rivelato?!] come opera organica, ma smontabile e ricomponibile come accessori di un arredamento Foppapedretti.

Quel che veramente viene suggerito da Le [di]visioni imperfette è che Makkox realizza fumetti come un alchimista sperimenta e varia le sue formule. Non si può dividere il risultato cartaceo del lavoro di Marco
Dambrosio dal cammino svolto sul web da Canemucca, dagli esperimenti visti sul sito Coreingrapho e dalla tecnica di lettura in verticale. Il merito principale di Makkox, al di là delle eccellenti prove narrative e grafiche, consiste nell’aver iniziato un percorso tuttora in evoluzione che potrebbe portare da qualunque parte. Anzi, non abbiamo idea di dove ci porterà. Forse non lo sa neppure Makkox, e per una volta questa incertezza, questo caos, risulta esaltante. Le schegge di storie umane raccolte da Le [di]visioni imperfette funzionano come esche per l’immaginazione del lettore, e per una volta il racconto ci impone di trasformarci in autori a nostra volta, invitandoci a riempire da soli i vuoti.
C’è un piacere quasi voyeristico, come ascoltare in treno una lite tra sconosciuti, trasformati in macchiette dal nostro teatrino sensoriale. Purché sopravviva l’ironia, filtro indispensabile per non soccombere in un mondo di personaggi cinici come quelli di Makkox, tutti pronti a usare la lingua come un’affilata spada. Tutti pronti a ridurti in sottilissime fettine in un solo colpo di lama. Un colpo inferto in verticale, naturalmente, al primo giro di rotella del mouse.
Bene! Lo abbiamo fatto, e ci siamo sputtanati a dovere. Abbiamo voluto per forza parlare anche noi di Makkox e delle sue [di]visioni. Imperfette... giacché variabili e indistinte, come tutto ciò che è in crescita e costante mutamento. Un blob! Un mostro fluido e inesorabile, che dalla rete è colato sulla carta e adesso ha preso a  cambiare e a crescere... pericolosamente.
Pericoloso come l’immaginazione.
Fastidioso come l’intelligenza.

Questa recensione è stata pubblicata anche su FumettidiCarta.

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