domenica, aprile 01, 2007

KAISA, LA RAGAZZA CHE DISEGNO' I SUOI PIEDI

Si possono dire tante cose, ma il fumetto è una forma espressiva bizzarra. Bizzarra perché i modi in cui può coniugare immagini e narrazione sono pressocché infiniti, e come media, veicolo di storie e messaggi, è in grado di raggiungere una porzione di uditorio incredibilmente vasta. Artisti del calibro di Marjane Satrapi (Persepolis) e Art Spiegelman (Maus) ci hanno insegnato che il buon fumetto (o meglio, la buona narrazione) non deve necessariamente tenere conto delle più comuni regole estetiche legate al commercio. Ma non ci interessa, in questa sede, sproloquiare dell’annosa separazione tra fumetti popolari e fumetti d’autore. Parliamo della scelta di Kaisa Leka, graphic designer finlandese, di narrare la propria drammatica vicenda servendosi di una serie di quadri a fumetti essenziali e volutamente stilizzati, ma proprio per questo terribilmente vividi e reali. I balloon, apparentemente letterati a mano, presentano numerose cancellature. Quasi l’autrice volesse rendere con questo espediente la quotidiana difficoltà nel comunicare, riportando il linguaggio a fumetti a una sorta di graffito infantile. Semplice, senza fronzoli e proprio per questo carico di emozioni e significati.
Kaisa Leka, in età giovanissima, prese la decisione sofferta di farsi amputare i piedi e di indossare al loro posto delle protesi meccaniche. Infatti, una malformazione congenita aveva causato l’insorgere di una grave forma di artrite, che le provocava forti dolori e difficoltà di movimento, costringendola inoltre a un massiccio e costante uso di antidolorifici. “La Ragazza senza Piedi”, edito in Italia da Coniglio Editore, è il resoconto, scarno e nello stesso tempo intenso e commovente, di una malattia affrontata e sconfitta. Potremmo dire che tra le righe risulta anche il racconto di un percorso iniziatico, attraverso il quale la coraggiosa protagonista giunge a una più completa consapevolezza di sé, del rapporto col proprio corpo e con i propri affetti. Kaisa rappresenta se stessa come una sorta di Minnie (quindi un Topolino al femminile) e il suo compagno come un papero. Palesi rimandi, questi, a una tradizione fumettistica elementare e senza tempo, che utilizza icone ormai entrate nell’immaginario collettivo per parlarci oggi anche di tematiche scabrose. Come gli episodi più taciuti e dolorosi nel cammino di un essere umano. Il racconto procede scandito dai timori e dai mille dubbi di Kaisa, prima dell’intervento e in seguito durante il lungo periodo della riabilitazione. L’autrice non lesina ombre di umorismo, frequente spezia agrodolce nel dipanarsi di una storia così delicata. Sorge il sospetto che la stessa genesi di quest’opera a fumetti sia stata parte integrante del cammino di Kaisa per superare la propria mutilazione e potere finalmente correre sui suoi nuovi piedi. Più che in altri racconti autobiografici, ci sembra qui di spiare l’animo dell’autrice, e l’immediatezza della rappresentazione grafica ci rende partecipi di ogni suo gesto. Difficile sottrarsi all’emozione della pagina in cui Kaisa afferma: “Oggi mi taglio le unghie dei piedi per l’ultima volta”.
Ma il tempo è dalla parte di Kaisa, e il giorno in cui camminerà, come mai aveva potuto fare sui suoi piedi naturali, segna una conquista inestimabile per la dignità umana. Alla fine scopriremo una Kaisa diversa. Una donna completa, sicura di sé e delle scelte fatte. Un’artista di grande sensibilità e talento.
Una persona da invidiare.

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